Nicola Ancona oppone alla serialità nell’arte l’unicità dell’opera d’arte, dovuto anche al fatto che nasce pittore ma da quarant’anni svolge la professione di restauratore.
Affascinato dalla pittura antica vive nella sua arte la concitazione della contemporaneità, una ruminatio sincronica. Si definisce un artista Figurativo con tendenza all’astrazione.
Le figure, in una sintesi di linea e colore, sono elementi architettonici del paesaggio, elementi in tensione nello spazio in una evoluzione spirituale che va oltre il bello del mondo greco o romantico.
Rudolf Arnheim scrisse: “(..) come la percezione del movimento sia in larga misura affidata al “giudizio visivo” dello spettatore e come anche all’interno di media apparentemente statici, non sequenziali, come la pittura, possano essere messe in atto delle strategie che pilotino il processo visivo e stimolino nello spettatore un’esperienza cinestetica, ovvero convoglino verso di lui una tensione dinamica. Ciò avviene attraverso l’elaborazione di forme e la loro organizzazione in sistemi coordinati”.
Le lastre, o piani, nelle opere di Nicola Ancona, sono l’aurea dei luoghi, fisici e metafisici, degli elementi che la compongono, dunque il panta rei dell’energia dove il corpo assume un ruolo espressivo nella rappresentazione del mondo e dell’Humanitas.
A volte forme ellittiche si incrociano con strati di colori diversi fino ad ottenere una sorta di stratigrafia dove si racconta la storia dell’uomo a partire dall’inizio, l’infanzia, per finire in un habitat che imprigiona, ingoia.
Gli elementi, o linee generatrici, del dipinto si fondono fino a diventare parte della stessa realtà originando altri piani che ne determinano il volume.
Strisce di colore passano gradualmente dai toni chiari a quelli scuri creando il senso di dinamicità.