Nicola Ancona, noto come valente restauratore, meno come talentuoso pittore, è in realtà un artista a tutto campo, colto e consapevole del proprio operare, per la profonda conoscenza delle tecniche artistiche e delle modalità operative degli antichi maestri, acquisite in tanti anni di scrupoloso impegno nel campo del restauro. L’esperienza e la manualità gli hanno consentito di imitare al meglio i modi dei pittori del passato, come dimostra la copia del San Francesco di Caravaggio, eseguita dal vero in occasione della mostra Caravaggio? L’enigma dei due San Francesco, tenuta a Lecce presso la Chiesa di San Francesco della Scarpa (3 luglio – 5 settembre 2010), che sembra il prodotto di un grande falsario del XIX secolo.
Nella mostra “La natività da Caravaggio a Tiepolo”, il cui tema è appunto la Natività, l’autore va oltre la copia, producendo “capricci pittorici”, cioè divertissements ottenuti dallo smontaggio e riassemblaggio di motivi compositivi desunti dal repertorio di uno stesso artista. Il riconoscimento delle fonti originarie di questi puzzle è un bel rompicapo, ma sicuramente un gioco enigmistico divertente e stimolante per ogni categoria di fruitore. Un procedimento che richiama i “capricci architettonici” di tanti vedutisti del ‘600 e ‘700, che smontavano fabbriche reali dai loro contesti e le inserivano in situazioni spaziali diverse: il Pantheon sul mare, il Tempio di Vesta a Tivoli in un paesaggio incontaminato, il Campidoglio presso un lago, ecc. La cosa che desta stupore è che quei monumenti creati per essere collocati in un ambito preciso, riescono a vivere, grazie alla fantasia degli artisti, anche in condizioni completamente diverse, ma sempre armoniose e coerenti, naturalmente nella dimensione immaginaria della tela. Lo stesso sembra voler dire Nicola nelle sue capziose copie interpretate.
Spesso i modelli di riferimento risalgono a momenti differenti nella carriera dei pittori, con discontinuità stilistiche e linguistiche, compensate tuttavia attraverso un procedimento tecnico unificatore, che amalgama e riassorbe le divergenze. Possiamo rilevare che tutte le opere sono sostanzialmente eseguite con la stessa tecnica, quella Ancona. Il montaggio omogeneizza anche divergenze di scala dimensionale, manipolando con disinvoltura singole parti anatomiche, pezzi di figure o intere sezioni, che vengono estrapolate dalle condizioni di partenza, talora ribaltandole specularmente, e sapientemente incastrate in un insieme nuovo. La scelta deve tener conto anche delle fonti di luce che colpiscono i personaggi chiamati ad interpretare ruoli diversi in situazioni variate. Si tratta in fondo di un modo di procedere, ben noto al nostro esperto pittore-restauratore, comune alle grandi botteghe, che riutilizzavano gli stessi cartoni per composizioni differenti, riproponendo una sola figura o più di una figura, ma in mutevoli sistemi aggregativi, anche a specchio, sia in opere aventi la stessa tematiche che in nuove iconografie. Il risultato è ambiguo e produce disorientamento nel fruitore colto, che fatica a ricostruire i riferimenti, mentre l’acquisizione di nuova coerenza degli spunti compositivi attrae e sollecita a ritrovare nella memoria le opere di partenza.